Donne che hanno iniziato a pedalare quasi per caso e che non hanno più smesso. Donne che spinte dalla passione per la bicicletta hanno sfidato i propri limiti. Donne come Sarah Cinquini e Iryna Bukhanska che lo scorso 6 luglio hanno disputato con successo l’ Ultracycling Dolomitica, la cronometro più dura al mondo con i suoi 675 km e 16.000 mt di dislivello, 16 passi da percorrere tra Veneto e Trentino. L’hanno corsa in coppia arrivando prime nella categoria Team 2 con un tempo di 36h 11′.
Com’è nata in loro la passione per la bicicletta e come hanno vissuto una prova tanto dura come l’ Ultracycling Dolomitica?
Ecco cosa mi hanno raccontato!
Sarah con la passione per l’ ultracycling
La mia passione per la bici nasce quasi 3 anni fa, dopo la mia ultima gravidanza. Per perdere un po’ di peso ho iniziato a correre. Chiaramente il primo infortunio non ha atteso molto a farsi sentire avendo iniziato a praticare in sovrappeso. Sindrome della bandelletta ileotibiale. Terapie, riposo, ma appena superavo i 5 km di corsa ancora dolore. Così per ridere il marito della mia più cara amica mi propone la bici da corsa e subito gli rispondo “sei matto con quello che costa!”
Mi trova allora una Specialized usata per pochi soldi. E’ così che mi ha portata tra le colline venete a fare il primo giro.
Tornata a Milano non sapevo da che parte iniziare, non conoscevo i percorsi in Brianza. Così tramite internet trovo un’associazione sportiva proprio vicino a casa mia. I soci sono subito disponibili e piano piano prendo confidenza con il mezzo e con la strada.
Successivamente conosco un ragazzo con il quale inizio ad allenarmi seriamente. Ormai rinuncio alle pause pranzo e passo dall’ ora e mezza alle due ore in bicicletta, divertendomi e scoprendo sempre posti nuovi.
Mi accompagna alle mie prime gran fondo, in cui mi diverto e nelle quali riesco a tenere anche un ritmo discreto. Io che sono pivella del ciclismo e con un passato tutt’ altro che da sportiva!
L’anno scorso su facebook mi innamoro delle imprese di un grande ultracycler. Chiamo così il mio preparatore e gli chiedo se secondo lui potrei essere all’altezza. Mi risponde: certo!
Così ha inizio questa follia! Per me che ho un fisico da passista, da pianura, la vera sfida è la salita. Ebbene sì! La pianura mi annoia, spingo tanto e bene, ma vogliamo paragonare la soddisfazione di conquistare una cima?
La mia prima gara di ultracycling è la Dolomitics 24, un circuito di 29,1 km e circa 1290mt di dislivello da ripetere nelle 24h. Pronti partenza via, si parte per la prima impresa.
Il mio coach fatica a ripulire la mente da vecchi schemi che mi vedono girare per la Brianza a tutta ad ogni uscita, cioè meno chilometri con più qualità. E piano piano ci riesce.
Con questa gara prendo le misure con me stessa, con i momenti di crisi, di pianto, di voglia di mollare. Porto a casa il risultato di aver superato le crisi e di aver concluso la gara con 6 giri per un totale di 8051 mt+ e 182,5 km.
A circa un mese e mezzo dalla seconda gara di ultracycling, l’ Ultracycling Dolomitica, cerco qualcuno con cui condividere insieme quest’avventura e così mando un messaggio ad Iryna che avevo conosciuto in occasione di una cena. Sapevo che cercava compagne per fare gare a cronometro. E lei accetta.
Organizzare gare di questo genere significa pensare a tutto: il mezzo che ti segue, le radioline per comunicare, caricare le tracce, il cibo, l’abbigliamento. Insomma tanto impegno, ma da subito Iryna ed io ci troviamo in perfetta sintonia.
Arriva così il giorno della partenza. Iryna ha suddiviso il percorso in modo impeccabile, pensando alle caratteristiche di ognuna di noi e così dopo qualche chilometro insieme lei sale sul furgone e sono io ad essere sulla strada. Adrenalina a mille e cuore in gola, guardo la frequenza che non accenna a scendere, respiro e medito come mi ha insegnato il mio preparatore, ma nulla. Sarà la prima discesa ad aiutarmi e farmi finalmente trovare il passo giusto. I chilometri scorrono e le prime due salite anche. Faccio mio il Crosetta ed il San Boldo ed un bel po’ di chilometri in pianura.
È la volta di Iryna che farà suo uno dei passi tosti con pendenze incredibili: il Monte Grappa ed il Manghen. Gli ultimi colpi di pedale su questa vetta sono stati impegnativi, il vento quasi atterra la mia compagna ed io sono lì che non posso fare altro che scherzare con lei tramite le radioline. Iryna mi fa qualche cenno con la testa.
In cima al Manghen il cambio è piuttosto tosto. Vento che ci mette in difficoltà persino con il cambio delle bici.
Bene! La discesa nel pieno della notte è mia, luci accese e si va giù come solo io so fare. Il marito di Iryna inizia ad agitarsi ricordandomi che sull’ asfalto c’è della terra ma io mi sento sicura e proseguo la discesa. Le ore più dure, ma anche le più magiche, quelle della notte.
Faccio mio il Valles e mi sarei dovuta fermare a metà del Duran. Ma sono le 4:30 di mattina, l’orario in cui durante la mia prima gara ero andata in crisi e così chiedo di rimanere sui pedali. Il team senza esitare mi lascia proseguire, il mio sguardo e quello di Iryna si incrociano e non devo aggiungere altro, lei sa.
Ed ecco che parte di nuovo la mia socia, che farà suoi lo Staulanza ed il Fedaia. A questo punto le sopraggiunge la classica crisi di nausea dopo le 6 del mattino, ma io la aiuto con dello zenzero e le metto in borraccia acqua e limone. Siamo stanche ma mai un attimo di cedimento, mai una crisi seria, siamo testarde e toste alla stesso modo.
Ed ora Sella e Gardena saranno miei. Poi un attimo di esitazione: che si fa? Da programma sarà mio anche il Valparola ma penso poi ad Iryna sul Giau, la guardo e le chiedo se vuole fare un cambio prima, per poi dividere quella salita tosta, ma mi è chiaro che non ha ancora recuperato e che dopo sarebbe andata alla grande. Quindi via! E’ mio anche il Valparola.
Andiamo alla grande! Lei si mangia il Giau, ma accidenti il Cibiana a noi sconosciuto ha degli strappi paurosi e all’ arrivo Iryna è veramente bianca per la fatica. Io stanca un po’ giù di morale, lei sfinita mi guarda e mi dice “anche a cambi ogni 10 chilometri la finiamo”. Questo mi dà la giusta carica e così inizia la mia amata discesa. Infine tanta pianura per me noiosa, ma il passaggio sui laghi mi diverte con tutti quei colori.
In conclusione due salite alla mia portata Sant’ Osvaldo e Piancavallo. E’ proprio su questa che riesco a dare il massimo. Arrivo che pioviggina e come da programma la discesa sarebbe stata di Iryna, ma le dico di restare sul furgone, che tanto ormai sono bagnata. Mia la discesa dove passo due atleti, e poi il bello. Radioline scariche ed un diluvio incredibile. Faccio quello che so fare, cioè continuo a spingere sui pedali nonostante l’acqua mi tolga la possibilità di vedere. Mi pulisco gli occhi e proseguo. 30 chilometri interminabili sotto un acquazzone pauroso senza sapere quanto manca. Sento il team agitato e quando mi affiancano ho la forza di sorridere e alzo il pollice. Avanti tutta fino all’arrivo. All’interno del furgone vedo accendersi le luci del casco di Iryna e capisco che si prepara a scendere per l’ultimo chilometro insieme. Siamo arrivate, abbiamo pianto, ci siamo abbracciate, siamo state orgogliose di noi stesse.
Quanti retroscena, quanto lavoro del team sul furgone, quante risate! Ma ci sarebbe da scrivere un libro a questo punto.
E ora? Che si fa? Che malinconia e il pensiero va all’ Adriatic Marathon, la nostra prossima sfida.
Iryna che mai avrebbe immaginato di pedalare tanto
Mi sono sempre dedicata tanto allo sport ma mai alla bicicletta. Per me i ciclisti erano persone troppo strane, non riuscivo a capacitarmi del fatto di come si possa stare in sella più di mezz’ora. Circa 9 anni fa mio marito decide di cambiare due ruote, passa dalla moto alla bici e si iscrive in una squadra ciclistica. Per essere più costante negli allenamenti si abbona a un circuito. Peccato che dopo un paio di anni per motivi di salute gli sospendono il certificato per 12 mesi e così, per non perdere l’iscrizione, ha pensato bene di comprarmi una bici.
La mia prima uscita si è conclusa con una bella caduta all’uscita dal cancello. Posizione da sdraiata con i piedi agganciati. Non ero tanto convinta, ma dovevo pedalare per non perdere questa “preziosa” iscrizione al circuito. Dopo neanche tre mesi di prove, allenamenti in pista e qualche uscita in Brianza con i compagni di squadra arriva il mio peggior incubo. La mia prima granfondo Laigueglia: percorso unico di 120 km con quasi 2000 di dislivello. E qua in mezzo alla natura con paesaggi mozzafiato nasce un grande amore.
Andare in bici era diventato un circolo vizioso: più mi divertivo più mi allenavo, più mi allenavo più miglioravo, più miglioravo più mi divertivo.
Un giorno per cambiare ho provato le gare a cronometro, un’ esperienza diversa ma molto gratificante. A quel punto è nato il desiderio di creare un gruppo di ragazze, una squadra tutta femminile, per condividere la fatica e la gioia di questo sport. Questa è stata l’occasione che mi ha dato l’opportunità di conoscere Sarah, una ragazza che condivide la mia stessa passione, un’amica con cui puoi fare tutte le cose più folli del mondo e puoi essere sicura che ti sostiene e non ti abbandona mai.
Mi ritengo fortunata di aver scoperto questa passione per il ciclismo, uno sport che richiede tanto tempo e tanti sacrifici ma per fortuna la mia famiglia mi sostiene e mi accompagna ovunque mi porta la mia passione.
Sarah e Irina, donne che in sella a una bicicletta si sono messe alla prova all’ Ultracycling Dolomitica e la cui passione sui pedali, ne siamo certi, le porterà ancora verso nuove sfide.
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